giovedì 13 febbraio 2014

Cose (di Scienza) dal Web #23


Un'idea astronomica per la scuola

[...] Ovviamente, oltre all'uso della tecnologia digitale nella didattica della fisica sono di pari passo andati anche gli studi sulla sua efficacia, come quello di Kenny, che si sono interessati dell'apprendimento basato sui problemi (problem based learning, PBL):
Il PBL si differenzia dall'approccio più tradizionale dove gli studenti prima vengono istruiti su alcune conoscenze e quindi possono avere l'opportunità di applicare ciò che hanno imparato su problemi di esempio. Con il PBL gli studenti lavorano collaborando in gruppi per identificare ciò che hanno bisogno di imparare in modo da comprendere il problema e imparare concetti più vasti e principi legati al problema. Il PBL, quindi, è stato progettato per incoraggiare la partecipazione attiva degli studenti immergendoli in una data situazione. Richiede loro di definire le conoscenze necessarie per il raggiungimento dell'obiettivo stabilito, quindi di identificare e cercare quelle conoscenze che hanno bisogno di acquisire per risolvere il problema. [...]


Il problema del carro armato tedesco

[...] Quanto sarebbero lunghe le nostre timeline di Twitter se si potessero estendere lungo lo schermo in entrambe le direzioni?
In un futuro più o meno remoto, dice Randall Munroe, tutti gli account che seguiamo su Twitter smetteranno di scrivere. Questo è abbastanza ovvio, (anche se account come quello del Big Ben potrebbero andare avanti per tanto); stabilire quando succederà, però, non è facile. In inglese questo tipo di stima viene chiamato German Tank Problem, perché è un problema che si è presentato realmente durante la seconda guerra mondiale quando si è trattato di organizzare lo sbarco in Normandia: gli alleati, avendo notato la presenza del carro armato Panther negli eserciti tedeschi, si preoccuparono un po', perché erano sicuri che i loro Sherman si sarebbero comportati bene in eventuali scontri con carri tedeschi di vecchia generazione, ma questi Panther sembravano un po' troppo veloci e potenti.
Insomma, quanti Panther hanno questi tedeschi?, si domandarono i generali alleati. [...]


I premi Turing: Alan Perlis

[...] Chissà se nel 1966, quando venne assegnato il primo dei prestigiosi premi Turing, la commissione fu influenzata dal nome di battesimo del simpatico signore che vedete nella figura accanto, sul quale alla fine cadde la scelta. Lo scienziato informatico americano Alan Jay Perlis, nato a Pittsburgh nel 1922 da una famiglia ebrea, portava infatti lo stesso nome del grande matematico al quale era stato intitolato il riconoscimento. Ma i meriti di Perlis vanno ben al di là del nome (che casomai sarebbe stato un merito dei genitori: ma questo è un altro discorso).
Se oggi a scuola si studia l'informatica come si studiano la matematica, la storia e la filosofia, se ci si può iscrivere a un corso di laurea di "Informatica" o di "Ingegneria Informatica", se si sostengono esami di programmazione o di teoria dei compilatori, lo dobbiamo in parte anche a lui. [...]


Le stravaganti meraviglie matematiche di Mein Herr  

[...] C’è un capitolo dell’ultimo libro scritto da Lewis Carroll (1832-1898), Sylvie e Bruno che è pieno di suggestioni matematiche e fisiche. Si trova nel secondo volume del racconto (pubblicato del 1893), e ha per protagonista lo stravagante vecchio Mein Herr (Mio Signore), mezzo tedesco e mezzo eerie, cioè proveniente dal mondo incantato. Mein Herr racconta molte cose interessanti e “meravigliose” del suo paese durante un tè pomeridiano con un gruppo di persone, tra le quali il protagonista e voce narrante, sempre più affascinate dall'eccentricità di quanto ascoltano. Carroll dimostra qui per l’ennesima volta la sua grande perizia narrativa, perché riesce a mescolare senza urti e contraddizioni il mondo più lontano dalla “razionalità” e i concetti matematici più aggiornati della sua epoca. [...]



Pisa-IIT SoftHand - La mano robotica tutta italiana 

[...] Sviluppata dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e dal Centro di RicercaE.Piaggio” dell’Università di Pisa, la mano si presenta come una novità assoluta nel panorama degli arti robotici e delle protesi perché combina efficacemente robustezza e flessibilità in un prodotto dal costo molto contenuto. La struttura è in materiale plastico ed è stata ottenuta attraverso tecnologie di costruzione additive, cioè tramite una stampa 3D, che ha permesso di conferire alla mano robotica un disegno innovativo. La mano è priva di ruote dentate ed è costituita da falangi che ruotano una sull’altra, come le articolazioni dell’uomo, e da tendini e legamenti collegati e controllati da un unico motore. È in grado di fare quasi tutte le prese possibili ad mano umana,  ma si controlla semplicemente  con la contrazione dei muscoli dell’avambraccio ed è in grado di restituire il senso della forza esercitata. [...]

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