domenica 14 luglio 2013

La casa del dottor B.

Adesso vi racconto una storia lunga sessant'anni. No, niente panico, vedo di stare nei limiti del solito post.


È da tanto che voglio parlarne, almeno un paio d'anni, lo considero un fatto personale. Anche perché la figlia del protagonista era amica di una mia amica, quando ero giovane.

Tutto nasce da questo dottor B. che negli anni '60 (credo, e comunque adesso sarebbe difficile verificare) trasferisce la sua boita (fabbrichetta) fuori Torino. E la localizza dalle mie parti, non a Piubes ma lì vicino. E non troppo distante si costruisce la casa.


Ecco la casa: non la solita villetta monofamiliare come tutti ma una villetta monofamiliare di tipo diverso. Roba come cemento facciavista, tetto piano e praticabile e roba simile. Già che c'era compra non solo il pezzo di terreno per la casa ma qualche ettaro attorno che affitta con l'obbligo di tenerlo a prato. E c'è lì vicino la casa della serventa, oggi si direbbe cameriera o collaboratrice domestica. Questo e il fatto che non partecipasse granché alla vita del paese (anzi per niente per quanto ne so) lo rende un alieno. Tipo quel nome con "dottor" obbligatorio.


Quando il dottore è andato in pensione la casa è stata affittata, la figlia non l'ha mai abitata, anzi è parecchio lontana. Nel frattempo la zona, via della Circonvallazione, veniva urbanizzata, il dottore aveva visto giusto. Per prima cosa è stata venduta la casetta della servitù e poi, a poco a poco, il terreno attorno, diventato fabbricabile quindi prezioso.
Infine anche la casa è stata venduta. E ristrutturata. Sì perché sessant'anni sono tanti e poi se gli metti un tetto come si deve ricavi le mansarde (ahemm, mica devi dirlo in comune, poi lo sanno, lo fanno tutti, e il sindico è amico mio). Il cemento a vista è stato intonacato, è stato appiccicato un portico con tanto di archi, mancava.
E per fare i lavori ci si è sbarazzati di tutti quegli alberi che imbrogliavano, terra bruciata. Poi ne piantiamo altri, volendo.

Insomma completamente normalizzata, e sembra nuova.


5 commenti:

  1. Storia interessante, ma tu sai che io sono un curioso cronico...
    Qui c'è un messaggio (una morale) che come tu sai benissimo fare, si nasconde tra i meandri della TUA scrittura/struttura. Ora, io posso provare ad intuire, ma sono stanco (a prima mattina?).
    Fa il sacrificio: per una volta spara sull'obbiettivo reale e non farci giocare a calcolare le traiettorie dei vari rimbalzi dopo che tu hai sparato ovunque meno che sull'obbiettivo.
    Bang! Un colpo secco e diretto.

    Tutto questo per dire: "dove volevi andare a parare con questa storia?"

    PS:
    Solo per questa volta però. Dopo ritorna a utilizzare la tua personalissima scrittura/struttura, che a noi ci piace proprio tanto.

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  2. Due cose:
    1) non devo più passare da quelle parti;
    2) è così come l'ho raccontata, senza immagini perché non ne ho e poi chissà. E poi c'è la Padagna di mezzo, l'incultura di Striscia la Notizia & le Jene, l'avidità di chi riesce a ricavarsi quasi un secondo piano.

    Ma poi mi passa, anche perché c'è di peggio (assay).

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    1. Quindi nessun messaggio nascosto o morale particolare?

      Per precisare:
      a me piace moltissimo la TUA scrittura/struttura; quel tuo modo di incastrare testo con immagini che dovrebbero completarlo, quel tuo modo di scrivere nello stesso post cose apparentemente non collegate tra loro ma che invece seguono un preciso filo logico: il TUO (sta al lettore provare a seguirlo).
      In un vecchio commento Marco Bruno aveva definito benissimo il tuo modo di scrivere (se lo ritrovo lo linko).

      Sai che esistono studi e "bozze" di algoritmi che, leggendo vari testi di una persona, mirano a "riconoscerla", beh, nel tuo caso sarebbero inutili. Credo che i tuoi testi siano immediatamente riconoscibili (per chi ti segue da un po') anche in mezzo ad altri testi di altri autori. Mi sto un po' incartando, ma quello che cerco di dire è che hai un modo di scrivere che è come se avesse un "marchio" identificativo. E questo è assolutamente un complimento.

      Questa mattina non ho ancora carburato e probabilmente non riesco a spiegarmi come si deve; se qualche amico tamburista ha intuito cosa cerco di dire magari mi dà una mano. Grazie.


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    2. Non prendere troppo sul serio quello che scrivo. Non voglio trasmettere messaggi subliminali o simili. Ci sono cose che vedo e mi colpiscono (nel bene o nel male) e allora ne parlo qui.
      In questo caso la banalizzazione, distruzione dell'elemento "diverso" qualunque esso sia. Non so da te ma se ti facessi un giro qui da noi, nelle periferie delle grandi città o nei paesi cresciuti come popolazione negli ultimi tempi capiresti cosa e con chi intendevo prendermela (compresi gli eredi del dottore, ma se n'erano andati).
      Altre volte invece dico sproloqui aggretiss; mi vengono facili.
      Tornerò sull'argomento, prima o poi. Forse.

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    3. OK, OK! Contenuti a parte (seri o meno seri, subliminali o meno ☺), rimarcavo la "riconoscibilità" del tuo modo di scrivere.

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